LA DONNA DEL RINASCIMENTO

LA DONNA  DEL  RINASCIMENTO

Rinascimento! Una parola che evoca immediatamente grandiosità ed esuberanza, sfarzo ed eleganza, genio ed innovazione, ma, al contempo, licenziosità e barbaria, ferocia e corruzione, faziosità ed intrigo. Soprattutto il Rinascimento italiano che, proprio attraverso queste contraddizioni, sviluppò uno straordinario corollario artistico, politico e di costume che segnò il passaggio dal Medioevo all’Età Moderna ed abbracciò tre secoli: il ‘400, il ‘500 e parte del ‘600.
Cito solo alcuni nome: Raffaello, Tiziano e Michelangelo, Petrarca e Ariosto, Machiavelli, Leone X e Giulio Secondo, Leonardo e  Lorenzo il Magnifico. E poi, i Borgia, ecc…
Come si colloca la donna all’interno di questo esuberante e controverso palcoscenico?
Il ‘400, ma non solo quello, fu definito: il secolo delle cortigiane.
Il ‘400 fu il secolo di santi ed eretici, papi e cardinali, principi e politici, ma fu definito anche il “secolo delle cortigiane”.
A Roma come a Firenze, a Ravenna come a Venezia, le cortigiane dominavano la scena di questo straordinario momento di rinnovamento e di risveglio dopo il torpore della tradizione.
Il ruolo e l’influenza, che queste donne ebbero nella vita artistica politica e religiosa, fu grandissimo.
Si dice che nella sola Roma di papa Sisto IV e Giulio II, si contassero non meno di sette mila cortigiane.
C’erano cortigiane d’ogni categoria: di strada e d’alto bordo. Queste ultime, colte e raffinate, talvolta perfino letterate, rivestirono un ruolo assai significativo nella politica di quel periodo e fecero da Muse ispiratrici per i tanti artisti del tempo.


Non tutte le donne, naturalmente, erano cortigiane. C’erano donne potenti per nascita. Come Lucrezia Borgia, tanto criticata dai posteri quanto dai contemporanei (a torto o a ragione, Isabella d’Este, bella colta e diplomatica; c’era, poi, la grande Caterina dei Medici.


La donna del Rinascimento godeva, dunque, di un potere acquisito con l’arte della seduzione e l’esercizio dell’intrigo e della diplomazia.
Ma non erano solo cortigiane e nobildonne ad animare le scene: una moltitudine di popolane indigenti, malate e malnutrite (è l’epoca delle grandi epidemie), prive di qualunque diritto e considerazione, assediavano quelle scene.
Tanto era lo sfarzo delle corti di Dogi, Papi, Re e Principi, tanto era lo squallore delle strade e delle periferie di città come Roma, Milano o Venezia.
A Venezia, se da un lato si continuava ad emettere Provvedimenti allo scopo di porre fine al lusso eccessivo delle patrizie, dall’altro, le popolane si accalcavano e accapigliavano davanti ai fondaci dove si distribuiva la farina.
Una certa evoluzione della condizione della donna nel periodo rinascimentale va, comunque, riconosciuta e ricercata in diversi fattori. Il più importante, forse, stranamente, fu il matrimonio, che rallentò i vincoli di controllo stretti intorno a lei.
Prima del matrimonio, infatti, le ragazze conducevano una vita assai ritirata e controllata; celebrate le nozze, però, acquisivano, se non autorità, una certa autonomia e libertà.
Non al pari di una cortigiana, naturalmente, che possedeva molta autonomia, ma poca onorabilità: la cortigiana era una donna che aveva portato la prostituzione nei Palazzi del Potere, ricevendone in cambio ricchezza e protezione… ma questa è una nota che duole anche ai tempi nostri!