La donna romana viveva in assoluta condizione di inferiorità rispetto all’uomo, da cui finiva sempre per dipendere: come padre o come marito e perfino come fratello o figlio maggiore, quando restava vedova. Non conobbe mai, però, la sorte del gineceo, in cui veniva confinata la donna greca.
Soprattutto in età repubblicana, la sua sottomissione al maschio era totale: il marito aveva sulla moglie diritto di vita e di morte.
In caso di adulterio e perfino se fosse stata sorpresa a bere vino, veniva punita con la morte. (la sbronza era considerata il primo passo verso l’adulterio).
La posizione economica era fortemente penalizzata essendo, la sua dote, completamente integrata con quella del marito, che poteva disporne a piacimento.
Non era mai sola, ma vigilata e sempre accompagnata. Il suo solo scopo di vita era la cura della casa e dei figli.( in caso di mancanza di figli, poi, era sempre lei quella sterile e mai il marito che, per quella “mancanza” poteva chiedere il divorzio).
La donna della Roma repubblicana è, dunque, una donna virtuosa, completamente dedita alla casa e alla famiglia. E’ anche una donna sobriamente elegante, però, e suo è il merito di aver indossato per prima la biancheria intima.
La società e la famiglia romana, però, non erano statiche, ma in continua evoluzione; vediamo, così, nel corso dei secoli, la donna romana migliorare la propria posizione economica e la propria indipendenza. E’ sempre in condizione di inferiorità rispetto al maschio, (che arriva perfino a discutere se ella possieda oppure no un’anima), ma la vediamo sempre più impegnata a riscattare la propria condizione. Come avvenne nel 195, quando un nutrito gruppo di donne scese in piazza per manifestare contro la Lex Oppia, una legge che stabiliva che le donne non potessero possedere più di mezza oncia d’oro, indossare abiti ornati di porpora, e altro ancora...
Già nell’ultimo periodo repubblicano le donne videro migliorate le proprie condizioni: potevano disporre dei propri beni, applicarsi alle lettere, ecc.
In epoca imperiale, poi, anche la pressione morale andò rallentando e così il costume, che divenne sempre più libero e libertino.
Assistiamo ad un grande mutamento: abbiamo lasciato una donna sottomessa e fedele e la ritroviamo capricciosa ed indipendente.
Le donne appartenenti a ricche famiglie si occupano sempre meno di casa e figli ( lasciati nelle mani di schiavi e precettori) e sempre più di feste e banchetti; banchetti e festini, però, sono occasioni per ostentare ricchezze e potere, anche da parte dei maschi.
La donna romana d’epoca imperiale veste di seta e splende di ori e gioielli. Dedica almeno metà della giornata, attorniata da schiave, alla cura del corpo e dell’abbigliamento. Per nascondere la bassa statura esibisce tacchi vertiginosi e per assecondare l’irrefrenabile vanità, si affida a belletti, cosmetici ed elaboratissime acconciature cosparse di polvere d’oro.
Letteralmente coperta di gioielli da capo a piedi, la donna romana ostenta le ricchezze predate ad altre donne in terre lontane; compreso le pellicce, diventate un accessorio indispensabile.
La parità con l’uomo… beh…
Nonostante il lusso sfrenato, l’apparente o reale indipendenza economica, non c’era proprio alcuna parità di sesso.
Giuridicamente non contava nulla e forse era solo questo che le mancava: la parità con l’uomo. (Cosa da poco!... No?!!!)