La leggenda di Valleda sacerdotessa druida

Leggenda o realtà, si dice che le Druidesse, sacerdotesse celtiche, godessero dello stesso potere e prestigio dei Druidi, i sacerdoti.
In più, quelle donne praticavano anche l’arte della Divinazione ed avevano profonda conoscenza di erbe magiche e medicamentose.
Vivevano da sole in luoghi impervi e boscosi e si concedevano ad un uomo una sola volta nell’anno ed a volte restavano vergine per tutta la vita.
Era il caso di Velleda.
Nella cultura celtica la donna godeva di grande considerazione da parte dei propri uomini e di ammirazione da parte dei nemici.
Strabone e Tacito ci dicono, infatti, che esse seguissero in battaglia i loro uomini, li incitassero al combattimento, ne curassero le ferite.
Miti e leggende nacquero, dunque, intorno ad alcune di queste figure.

Velleda, della tribù dei Bructeri, fu la più famosa e celebrata. Profetessa di fama indiscussa, fu venerata dalla sua gente come una Dea e Tacito la citò più volte nelle sue “Storie”.
Viveva in un’alta torre, inaccessibile a tutti, se non ad un parente prossimo che le presentava  le richieste di responsi da parte della gente, come fosse una vera Dea.
La sua fama crebbe a dismisura soprattutto quando, nel 68 a.C. predisse la sconfitta delle Legioni Romane e la vittoria delle tribù dei Germani.
Civile, capo dei Germani, per onorarla le inviò, assieme ad altri numerosi doni, la persona del Legato romano Munio Luperco.

Più volte, sempre secondo Tacito, Velleda fu chiamata perfino come testimone e garante delle alleanze delle tribù contro il comune nemico: Roma.
Tale era la sua influenza.

Purtroppo tutto è provvisorio a questo mondo. Allora come oggi.
Le sorti del conflitto mutarono. Le Legioni romane, con il nuovo Legato, Ceriale, passarono al contrattacco. Ceriale devastò il territorio con implacabile ferocia e le varie tribù alleate di Civile si trovarono a pensare, come ci dice Tacito, in questi termini:
“…potendo scegliersi i padroni, è più onorevole sopportare i principi romani che le femmine germaniche…” con chiaro riferimento alla profetessa dei Bructeri.
Il Legato di Roma da parte sua non mancò (con rispettose e velate minacce) di ammonire Velleda e la sua famiglia a desistere dall’istigare le tribù contro Roma.

Il destino della druidessa si concluse proprio a Roma, dove fu condotta prigioniera