L'OMBRA - SHUT

L'OMBRA - SHUT

L’odore di acque nelle narici e il rumore del loro sciabordare nelle orecchie, l’avvertirono che si trovava all’aperto e immerso in un etra assai rarefatto. Cominciò a “navigare” in quello strano elemento con qualche incertezza ed avvertì subito una sensazione di soffocamento.
       “Ptha-Atum, Signore Supremo, - prese a recitare –
        Accordami il dolce soffio che è nelle tue narici.
        Shu, Signore dell’Aria, dammi l’aria per respirare…”
Continuò a navigare all’interno di quel sogno, ma si sentì nuovamente aggredire da quel profondo senso di perdita. Era come se lo spirito gli si staccasse dal corpo e se ne liberasse.
Una sensazione davvero indicibile. 
Non era il Ka, però, a lasciare il Djet. Non era lo spirito a lasciare il corpo. Questo giaceva sul pavimento della She-Maaty, la Sala d’Iniziazione, incosciente ed immobile. Più simile ad un Khat, un corpo inerte dopo il trapasso, che ad un Djet, un corpo ancora vivo. La “parte di sè” che lo stava abbandonando, era quella che lo aveva sempre seguito come l’ombra: era proprio l’Ombra.
Dopo il Nome-Ren e il Cuore-Ib, anche l’Ombra-Shut lo stava abbandonando. Non lo faceva di corsa, come aveva fatto il Ren; nè quasi di nascosto, come aveva fatto l’Ib, ma se ne stava andando in modo dolce e sottile. Senza strappi, nè violenze, ma con la struggente tenerezza di un tramonto sul Delta. La vide sgusciare via ed allontanarsi. Provò ad inseguirla, ma quella cominciò a correre sempre più spedita, trascinandolo via veloce.
“Aspettami. Aspettami. Non andare via... Dove stai correndo così? Aspettami. Fermati, ti prego!” la richiamò, ma l’Ombra non si fermò. Lo aveva distanziato in misura ormai irraggiungibile. Fu lui a fermarsi, ansante per la corsa e con il fiato corto e le spalle curve in avanti per riprendere respiro.
“Dove starà andando? - continuava a chiedersi - Vorrà tornare al mio corpo lasciato incosciente nel Mondo-di-Sopra?... Anche il Cuore e il Nome saranno tornati lassù?”
Corpo e Ombra, Cuore e Nome, pensava con preoccupazione, erano doni che l’uomo riceveva dal Creatore con l’alito della Vita. Riferendolo    al Guardiano  del Ro-Stau, il suo Ren aveva, forse, perso  di sostanza e di potenza? Per questo Cuore e Ombra si erano allontanati dal Ka?
“Come farò adesso? I Custodi delle Porte non mi faranno proseguire da solo e senza di loro.”
Dove stava correndo la sua Ombra? Qualcuno la stava inseguendo? Forse i Sorveglianti delle Ombre dei defunti? Quelle sfuggite al castigo, in cui si era imbattuto prima di infilarsi nel Labirinto? La sua Ombra non era colpevole, si disse, e nessun Demone poteva catturarla e trattenerla là sotto... E le altre identità? Dove erano finite tutte le altre identità?
Con   sgomento realizzò quanto vulnerabili fossero le sue Identità agli attacchi ed alle trappole tese da Demoni e Spiriti Malvagi.
“Per la Barba di Seth! - imprecò - Nessuna delle tre perdute identità di Djoser è provvista di incantesimi e formule magiche. Come faranno a ritrovare la via giusta per tornare dal povero Ka lasciato da solo?”  Che pena frugare nella memoria alla ricerca di quelle formule che al Tempio, da studente, aveva copiato e ricopiato su tavolozze di pietra allo scopo di imprimerle nella mente.    
             “L’Occhio di Horo stabilisca il suo splendore,
                 mentre l’ombra del crepuscolo è sul volto
                di coloro che sono nelle mani di Osiride - recitò -
                I Custodi  non imprigionino la mia Ombra..”
Vide la sua Ombra-Shut fermarsi immediatamente. La vide chinarsi sulla sponda di un lago, poi vide una nebbia azzurrognola levarsi dalla superficie delle acque ed inghiottirla.
“Il Sa-nesert, lo Stagno di Fuoco… e ha portato via la mia Ombra.”
Di fronte a lui c’era lo stagno più grande ed esteso mai visto. Ne aveva visti tanti nella sua vita. Lui e l’amico d’infanzia, Sikty, giocavano sempre in quello che si trovava proprio dietro la sua casa e in cui un brutto giorno il suo amichetto era annegato. Da allora sua madre gli aveva vietato di stare vicino alla più piccola delle pozzanghere. Questo che aveva di fronte, però, sembrava davvero infinito, così grande da non riuscire a vederne la sponda   sull’altro   versante.   Si fermò ad osservare; un pò sconcertato.  Quel posto  era ameno  e delizioso.  L’atmosfera era bucolica. Assai diversa dalle tenebre angoscianti del Labirinto.
Dalle sponde, un’esplosione di piante e fiori si protendeva sulle acque; canne e mangrovie ricoprivano gli argini. Ne riconobbe alcuni: iris e loti, rampicanti. Altri no. Bianchi, rossi, gialli e blu. Profumi e colori come non n’aveva mai visti nè sentiti in tutta la sua vita. Canneti di papiri, alla sua destra, frusciavano leggeri. Le Sat, le Montagne-del-Tramonto, fiammeggiavano alle loro spalle, incendiando il cielo di un rosso corniola. 
Djoser rimase a guardare incantato; l’affanno per la perdita della
Shut era quasi scomparso al cospetto di tanta meraviglia.