L'ULTIMA DOMENICA DI CARNEVALE

L'ULTIMA DOMENICA DI CARNEVALE

Stava attraversando di corsa i Fori Imperiali quando andò a scontrarsi con due ragazzi che ne stavano uscendo.
“Pardon!” si scusò.
Diciotto anni appena compiuti, fisico promettente, Ludovico era assiduo frequentare di quel locale e vi  aveva appena fatto una capatina, come ogni giorno, prima di recarsi alla Federazione del Carnevale di quartiere per partecipare alla sfilata dei carri; quella era l’ultima domenica di carnevale.
“Prego.” rispose uno dei due, scansandosi.
“Ehilà! – esclamò, invece, il compagno –Ma tu sei  Ludovico  S.”
“Sono io. Sì! E tu chi sei?”
Ludovico era un po’ stupito, non conosceva nessuno dei due.
“Sono Marco. Non ti ricordi me?”
Il ragazzo cercò nella memoria quel volto sconosciuto che tale, però, rimase.
“Mi dispiace. – disse – Ma davvero non mi ricordo di te.”
“II  C… Scuola Media… Istituto Manzoni…”
“Davvero mi spiace.”
Ludovico continuava a scuotere il capo.
“Non fa niente. – quello gli diede una pacca sulla spalla –Prima o poi ricorderai. Vieni, Sandro.” continuò rivolto al compagno.
“Dovrei conoscere anche lui?” domandò Ludovico.
“No. No! Io ti vedo per la prima volta.” s’affrettò a precisare quello.
“Almeno con te non ho fatto figuracce… - rise il ragazzo, poi – Vi offro qualcosa. Entriamo in quel bar.”
“Mi spiace. – fece Sandro – Ma siamo qui per un servizio.”
“Quale servizio?” so incuriosì Ludovico.
“Un’intervista televisiva e… - s’interruppe – Dì un po’ Marco- continuò rivolto verso il compagno – Perché l’intervista non la facciamo al tuo vecchio compagno di scuola?”
“Quale intervista?” chiese ancora Ludovico.
“Per una rubrica culturale. – Sandro si avviò in direzione di un furgoncino in sosta – Dobbiamo porti delle domande e riempire questo questionario.”
“O.K.”
Ludovico lo seguì e dietro di lui, Marco.
Giunti che furono dietro il furgoncino
“E’ la prima volta che qualcuno mi fa un’intervista.” disse Ludovico; Sandro era sempre alle sue palle e il ragazzo non s’avvide dello sguardo d’intesa intercorso dei due, né vide il braccio di Sandro, armato di una pistola alzarsi e colpirlo alla nuca con il calcio dell’arma.
Senza un gemito e con lo stupore più profondo stampato sulla faccia, il ragazzo si accasciò  tra le braccia di Sandro.
Un attimo dopo era a bordo del furgoncino diretto chissà dove.

La prima cosa che il ragazzo scorse aprendo gli occhi fu  una lampada al neon proprio sopra la sua testa, ma era spenta e la stanza quasi totalmente immersa nelle ombre.
Faticò un poco a riannodare i fili sparsi di pensieri ed emozioni, infine ricordò l’episodio ed ebbe un gesto di rabbia repressa. Aspettò che gli occhi si abituassero al buio e gli consentissero di scorgere qualcosa. Vide una sedia, poi un tavolo al centro della stanza e un gran numero di casse e sacchi appoggiati alle pareti. Non c’era nient’altro, oltre alla brandina su cui era steso.
Attaccati a una parete, la penombra gli permise anche di intravedere le immagini di alcuni manifesti pornografici.
Tese l’orecchio.
Rumori indistinti ma sempre più chiari, provenivano da fuori, misti al suono di clacson non troppo lontano.
Nei pressi, pensò, doveva esserci una strada statale, probabilmente con qualche segnale di stop e quello stanzone dall’odore di cemento e terra umida, forse era il capannone di un cantiere edile.
“Questo posto deve essere un cantiere edile. – pensò ad alta voce – Chi erano quei due? E perché mi hanno portato qui? E’ chiaro che è stato un trucco per…”
“… per tenerti qui buono per un po .”
Lo sorprese una voce alle spalle.
Dario scattò in piedi.
 

“Chi sei? Perché sono stato rapito?… E’ chiaro che questo è un rapimento.” aggiunse.
“Se anche ti dicessi chi sono… - fece l’altro con una scrollatina di spalle – non ne caveresti molto, amico.”
“Mi avete raggirato come un imbecille.”
“Non prendertela.”
“Ma perché sono stato rapito?”
“Lo saprai molto presto.” fu la risposta.
“Se è per soldi, siete cascati male. Io sono soltanto uno studente.”
“Può darsi… “
“Che cosa significa può darsi? Che non mi credi?”
“Senti, amico. Stai buono e andrai presto a casa.”
“Ma… ma è pazzesco! – ripeté Dario – Io non ci resterò molto, qui… anzi, me ne vado subito.”
Dario si alzò, si rassettò la maglietta e fece un passo avanti; l’altro provò a fermarlo.
Ne nacque una colluttazione.
Il suo aggressore era piuttosto robusto, ma Dario era più alto ed agile e riuscì senza problemi a schivare un pugno ed assestarne uno al mento dell’avversario.
Dovette avergli rotto il labbro, poiché cominciò subito a sanguinare e questo, insieme alla vista del proprio sangue, fece andare l’uomo su tutte le furie.
Dario lo vide indietreggiare di qualche passo, chinarsi a raccogliere qualcosa per terra, nel buio, alle sue spalle ed era troppo tardi per scansare i colpi, quando gli vide una robusta spranga tra le mani.
Cercò anch’egli qualcosa con cui difendersi; sparsi un po’ ovunque per terra c’erano assi e bastoni e quando anche lui si chinò a raccoglierne uno, sentì un colpo alla nuca e subito dopo un dolore alla schiena. Il terzo e il quarto colpo, al petto, nemmeno li avertì: per la seconda volta un profondo gorgo scuro lo aveva inghiottito.


Si svegliò, tempo dopo e si ritrovò legato mani e piedi, solo e sporco di sangue. Provò a slegarsi ma non ci riuscì.
Si accorse subito di non trovarsi più nel posto dove era stato trasportato prima: intorno a lui c’era un profondo silenzio.
Tese l’orecchio, ma non riuscì a cogliere nessun rumore, nemmeno il più lieve e lontano.
“Dove mi avranno portato? - fu la prima cosa che si chiese - Non si sente anima viva, quaggiù… mi hanno lasciato in un posto isolato… maledetti!”
La testa gli doleva un po’, ma il dolore al braccio era quasi insopportabile. Si accorse di essere ferito e di essere stato medicato alla meglio.”
“Anche samaritani… quei farabutti! – proruppe – Deve avermi  rotto un braccio. Ahi!… anche la spalla e qualche costola. Dio che male! Accidenti! Se mi capitano a tiro… io li accoppo, quei perzzi di… E adesso che facciamo?”
Stette un attimo a pensare al da farsi. Si rendeva perfettamente conto che poteva passare molto tempo prima che qualcuno, l’ultima domenica di carnevale, potesse accorgersi di lui.
La ferita al  petto, intanto, stava sanguinando ed egli si impose di restare calmo, ma di trovare presto un modo per trarsi  fuori di quell’impiccio e per prima cosa fasciò più strettamente la ferita.
“Non perdere la calma, Dario… Sai cosa devi fare… l’unica cosa da fare…”
Raccolse tutti i pensieri, poi, uno alla volta li scacciò tutti dalla mente. Fissò gli occhi su un punto del pavimento e cominciò a contare:
“Sei… cinque… quattro… -  e mentre la voce riempiva la stanza e penetrava nelle orecchie, la mente  cercava di visualizzare i numeri  - … tre… due…”
I numeri erano l’unica cosa che occupavano la sua mente.
“… uno…”
Un numero gigantesco che la mente era riuscita a fissare. Null’altro.
Vuoto!
Vuoto intorno al numero. Vuoto  intorno a lui:
Leggerezza. Il corpo parve diventare leggero. Sempre più leggero. Pareva aleggiare nell’aria, all’interno di un tunnel… un enorme tunnel nero.
In fondo al tunnel ecco comparire un luce bianca, ma assai fioca: appena un bagliore.
Non sentiva più alcun dolore fisico, ma una profonda angoscia cominciò pian piano ad avvilupparlo. Si sentiva prigioniero di quel gorgo scuro che gli si faceva sempre più stretto intorno, Come un sudario.
Resistete all’angoscia, lo sguardo della mente sempre fisso su quel lieve bagliore laggiù che la sua ostinazione a resistere avvicinava sempre un po’ di più.. fino a farsi vivo, abbagliante e vicino.
Un ultimo sforzo di volontà e il tunnel lo lasciò andare ed egli si ritrovò nella luce.

Coriandoli, maschere, costumi… aria di festa, clamore… i carri erano pronti a sfilare, le loro allegorie erano divertenti e pungenti: satira politica, attualità, personaggi, eventi storici.
Ad aprire la sfilata doveva essere un carro dall’addobbo inequivocabile: il faraone Trhut-ank-Ammon.
Sarcofagi, mummie, ventagli di piume schiavi, principesse ed ancelle… non mancava nessuno, fatta eccezione del protagonista principale e cioè Thut-ank-Ammon.
“Ma dove si sarà cacciato Dario? - Ankhsenammon , la consorte di Thut-ank-Ammon, una bella ragazza bruna truccata alla maniera degli antichi egizi, stava fremendo – Qualcuno ha visto Dario?”
“Era con me al  bowling. – rispose uno degli  schiavi , anche lui acconciato alla maniera egizia – Ma l’ho visto andar via molto prima di me per venire qui.”
“Qui  non si è visto ancora.” replicò la ragazza.
“Non è da lui. – puntualizzò il ragazzo – E’ sempre così preciso  e puntuale… Alle prove era sempre il primo a presentarsi…”
“Non gli sarà successo qualcosa?” si preoccupò qualcuno.
“Il traffico, forse… “ rispose qualcun altro e qualcun altro ancora suggerì:
“Chiamate a casa sua”
Intanto l’organizzatore della manifestazione dava l’ultimatum:
“Se non arriva entro cinque minuti, quel benedetto ragazzo può darci un taglio… a questa sfilata.”
“Ma come facciamo senza di lui? Il carro di Thut-ank-Ammon senza Thut-ank-Ammon?… Il costume ce l’ha lui.”
“Non possiamo aspettare i suoi comodi.” continuavano a fioccare  le proteste.
“Ehi! – protestò la ragazza – E’ in ritardo solo di cinque minuti… ma che modi son questi? Aspettiamo ancora qualche minuto.”
“Dieci minuti ancora.” pregò un’ancella. 
“Dieci minuti. – capitolò l’organizzatore –Non uno in… oh, eccolo che arriva. Eccolo laggiù.” aggiunse accennando davanti a sé – Dario, presto. Presto!”
“Ma dove ti eri cacciato?” cominciarono le domande e i rimproveri.
“Incosciente. Stavi per far saltare tutto.”
“Sei ferito?… Mche cosa ti è successo? Stai sanguinando.”
“Ehi, ragazzi! – gridavano dagli altri carri – Volete sbrigarvi?”
“Se non vi muovete apro io il corteo.”
Dario s’infilò nel suo costume da Faraone e prese il suo posto; il corteo cominciò la sfilata; alla guida del carro Dario, cominciò a dare le sue spiegazioni; coriandoli e stelle filanti, intanto, si libravano nell’aria per ricadere come neve colorata sulle teste; tombe e fischietti riempivano l’aria di allegria.
Dario raccontò ogni cosa e alla fine:
“Accidenti! – fece una voce –Potevano ucciderti:”
“Me la son vista proprio brutta… però.. eccomi qui… – avevano attraversato il corso e stavano svoltando l’angolo di una strada – poi la ferita si è riaperta...” il racconto di Dario stava avviandosi alla conclusione..
“Ma allora, sei ferito oppure no?”
“Un po’ di pazienza!” rispose il ragazzo.
“Va bene.Va bene.. ma… stai sbagliando strada. – l’avvertì il compagno - Che cos’è? Uno scherzo di Carnevale? Stai sbagliando strada, Dario. Non è da qui che il corteo deve passare… Stai sbagliando strada.”
Anche da terra un ragazzo vestito da Avatar, che stava aspettando il corteo, accennò al carro di Dario:
“Hai sbagliato strada.” gli gridò.
“Ma non puoi. – anche gli altri a bordo del carro protestarono – Non puoi improvvisare un nuovo percorso. Torna indietro, Dario. C’è già un percorso ben designato. Non si può!”
“Devo andare per di qua!” insistette Dario.
“Non capisco. – insistevano alle sue spalle -  Che cosa hai in mente? Se è uno scherzo, amico. te la faranno pagare… e noi con te!”
“Non ho alcuna voglia i scherzare. – Dario appariva irremovibile in quella che per gli amici doveva essere una bravata di carnevale – Sono molto serio e fra poco lo sarete anche voi. Garantito!”
“Ma che cosa ti frulla per la testa? Non ti capisco. Non mi sembri neanche tu… Ti comporti in modo così strano…Sembri un’altra persona. Ti hanno dato qualche botta in testa?”
Dario non rispose.
Anche dagli altri carri giungevano proteste, solo la folla, che non conosceva il percorso, allegra, rumorosa e fracassona, si lasciò condurre su quella strada che portava in periferia, verso le ultime case. In piena campagna.
Prato incolto, un campetto da calcio per ragazzini, uno svincolo stradale e tanti capannoni. Il carro di Dario puntò verso uno di quelli.

Un poliziotto in motocicletta finalmente li  raggiunse.
“Ehi, voi! – li  apostrofò – Ma dove state andando? Avete deviato il percorso stabilito.”
“Non è colpa nostra. – si difesero quelli del secondo carro – Lo chieda a quello che guida il carro davanti… Deve trattarsi di uno scherzo… Uno scherzo di carnevale.”
“Scherzo di carnevale? – replicò la guardia – Lo scherzo ve lo farò io se non tornate subito indietro.”
Dario, però, già stava fermando il carro e la folla gli si accalcava intorno, pronta a nuovi divertimenti.
“Apri quella porta, Leo. –Dario indicò il capannone ad un compagno – Si trova là dentro.”
“Cosa c’è là dentro?” domandò l’altro.
“C’è qualcosa là dentro?” seguirono altre domande.
“Là dentro. Là dentro… Presto!” sollecitava Dario.
Leo aprì la porta del capannone e varcò la soglia. Appena dentro, non riuscì a trattenere un’esclamazione soffocata:
“Per le budella di Satanasso! – esclamò – Ma… ma che cos’è questo?”
A terra c’era Dario riverso in una pozza di sangue.
“Che scherzo è questo?” anche il vigile si era avvicinato ed era entrato nel capannone e alle sue spalle altre persone premevano e la ridda di domande ed ipotesi ebbe inizio
“Chi c’è, lì per terra?”
“C’è qualcuno, qui. Forse… forse è morto.”
“Chi è?”
“Ma… ma è Dario! No… Non è possibile!”
“Ma che significa? Dario non era con noi sul carro?… Dov’è Dario…Quello che ci ha condotti qui… “
“Dov’è Dario?”
Cercarono Dario, quello del carro. Quello che aveva condotto il corteo laggiù. Di lui, però, non c’era traccia.
Un’mbulanza e l’altro Dario, quello ferito, fu soccorso e partato via.
“E’ uno scherzo.” disse qualcuno.
“Non credo!” rispose un altro.
“Allora?”
“Potrei azzardare un’ipotesi… fantastica, naturalmente.”
“Ossia?”
“Bilocazione!”
“E sarebbe?”
“Ipotesi, ho detto – sorrise l’altro – quando lo spirito o come vuoi chiamarlo… si trasferisce in un posto diverso… diverso da quello dove si trova il corpo… è un’ipotesi, ho detto… solo un’ipotesi!”
“… fantastica!” replicò l’altro.