Sinossi
di
“Teresanda e il profumo delle rose”
“Ci si sentiva avvolgere da quel modo cortese con cui soleva porsi verso gli altri. Era una giovane donna
che univa il passato e il presente, nei modi come anche nei valori in cui credeva; al contempo, dama
dell’800 e ragazza dei giorni nostri, consapevole delle proprie debolezze ma anche tremendamente convinta
che avrebbe edificato saldo ogni suo ideale.
Viveva con la madre in completa simbiosi, come un fiore che sbocciando vuol rincorrere già il sole. Aveva
fede, e credeva fortemente nell’amore, base di tutta l’esistenza che conduceva. Si emozionava ascoltando
musica, guardando il cielo stellato e la Luna, così come sapeva ascoltare se stessa e coloro che aveva di
fronte. Dimostrava carattere e sicurezza, ma era anche estremamente sensibile, d’una sensibilità che molte
volte la faceva stare male. Estroversa e dinamica, era tuttavia nell’intimo una sognatrice che ricercava
nell’alveo silenzioso della propria stanza i suoi più profondi battiti, per cibarsi con tutta l’anima delle
sensazioni provate. Teresanda, così lei si chiamava […]”.
Com’era intensa Stella, la poesia che Alessio, il suo primo immenso amore, le aveva dedicato; ma Teresanda
dovette ricercare “in sé e nell’idea che aveva dell’amore, le risposte che la ragione sembrava non
concederle”, per quel rapporto che oramai s’era esaurito, lasciando un grande vuoto; anche per reagire alla
conseguente perdita del lavoro, dovette attingere da sé stessa le risorse, e con l’appoggio della madre –
l’inesauribile fulcro affettivo e cromatico del Romanzo – decise d’aprire un centro benessere ch’ebbe un
subitaneo successo, Il Paradiso del Corpo. Per la gestione dello stesso, Teresanda s’avvalse di fidati
collaboratori, fra i quali ed in particolar modo Federica, un’avvenente donna sui quarant’anni, dal tortuoso
percorso di vita, personaggio contraddittorio ed orientato agli eccessi, polo oscuro dell’itinerario; per la
fiducia che oramai in lei riponeva, Teresanda scelse d’affidarsi a questo rapporto professionale e d’amicizia,
allorquando la morte della madre gettò buio sopra ogni certezza, nel lacerante ed estremo dolore provato.
Così, per il bene del padre e di quel giovane progetto che la madre stessa aveva appoggiato, scelse
ancora una volta di reagire: la sua era infatti “[…] una sfida che doveva vincere a tutti i costi, un
obiettivo di vitale importanza, un’intima preghiera formulata a due voci”. Ma il successo lavorativo ed
economico, non fu bastevole a placare in lei la mancanza di una “luce”; nemmeno l’amore, che tanto
Teresanda sognava nei propri voli del cuore, tornò nella sua vita. La consapevolezza di sé, la fede riposta nel
fatto “che una felicità indistruttibile e assoluta, si trova dentro di ognuno di noi”, alimentarono tuttavia la
sua vita con nuova linfa: “il segreto [della gioia – si disse infatti - ] era di farla sbocciare”; con il medesimo
profondo fulgore, pur imperscrutabile, il “Mistero” si manifestò in prima istanza sul suo percorso, mentre lei
riversava i propri sentimenti entro il suo diario con la copertina gialla raffigurante una donna: nel profumo
della carta, la sua mano coniò parole oscure, prefigurazione di questo Viaggio:
“Percorrerai sentieri e foreste non conosciute, dove il tempo e lo spazio si annullano. Attraverso la tua
mano ti sarà fatto scrivere quello di cui il “mistero” vorrà svelarti e la mente umana non può comprendere.
Non potrai nulla contro questo evento che interessa la tua persona. Il profumo delle rose seguirà e
proteggerà il tuo cammino. Il motivo di tutto ciò non è dato da sapere”.
Incapace di comprendere, ma convinta che qualcosa al di fuori della sfera razionale le si fosse manifestato,
Teresanda rivelò l’accaduto a Federica, la quale, non credendo a nulla al di fuori di ciò che è materiale,
rimase invece scettica, sulle sue posizioni. Eppure, “Il ‘mistero’ è la verità che supera la misura della
ragione umana [..] Cambia il corso delle cose e della vita. Sprigiona la sua potenza con una forza
smisurata e grandiosa”, e la protagonista si ritrovò a cercarlo, fra le stelle, nei colori, dentro di sé; entro
un quadro ammaliante d’arte povera trovato da un robivecchi, che raffigurava la Luna. Luna dea,
Donna, astro dai grandi poteri, attraverso il quale svelare alla coscienza la propria femminilità.
L’incontro a Milano con l’intrigante Massimo Gelsi, l’allora ragazzino bellissimo che prontamente la salvò
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dalle acque scure di un canale, parve provvidenziale e pieno di tenerezza; vent’anni dopo il loro primo
incontro, allora, sulla base di quel ricordo idealizzato, Teresanda provò finalmente una grande emozione.
Sussurrò alla memoria della madre d’essersi finalmente innamorata, ed intrecciò con l’importante uomo
d’affari un’intensa relazione, sotto lo sguardo obliquo di Federica. Ma il viaggio in Francia della coppia, non
significò altrettanto per Massimo, ch’era solito utilizzare a suo piacimento e poi liberarsi delle bellezze di
turno, raggirarle ammaliando; così, in un gioco oltremodo perverso, questi intraprese una relazione anche
con Federica – la quale non si fece certo scrupoli - all’insaputa di Teresanda. All’ulteriore consolidamento
del successo lavorativo, seguì la brusca rottura del rapporto con Massimo, il quale, nel chiudere con sfregio
la loro relazione, manifestò la propria vera indole. L’ennesimo colpo subito, gettò reti di dolore, e tolse a
Teresanda - ch’era ormai di lui innamorata - tutte le forze e la voglia di vivere; all’apparentemente preziosa
amica e fidata collaboratrice Federica, lei affidò allora la gestione dei centri benessere, sprofondando nella
veemenza degli attacchi di panico, nella depressione, nel buio dell’anima.
Ma la certezza assoluta - al di là del buio - unica risorsa ed astro a cui volgersi, era ancora l’Amore;
così, ritornò ad avvolgerla il Mistero, Verità incontrovertibile, fonte di luce: “Poi, una sera, mentre era
in giardino, seduta sulla sedia a rotelle con lo sguardo rivolto oltre la linea del tramonto, sentì e fu avvolta
da un intenso profumo di rose, mentre un calore benefico le pervadeva il corpo; il calore stesso salì dai piedi
fino a fermarsi alla base del collo, un’intensa energia e quiete irradiarono nella sua mente, inondandola di
serenità.
Tutto divenne improvvisamente pace”.
La rinascita di Teresanda fu razionalmente inspiegabile. Potè riprendere la sua attività, e tornare a trovare i
genitori al cimitero, con un fascio di rose rosse. La gestione dissoluta dei centri benessere operata da
Federica in sua assenza, tuttavia, portò inevitabilmente conseguenze e nuovo dolore; seguirono infatti il
fallimento degli stessi e la perdita della casa paterna da parte di Teresanda, che pur chiedendo supporto
rimase in completa solitudine; dovette allora andarsene e cambiare vita, come a ben vedere lo scritto
misterioso, tempo prima, le aveva misteriosamente preannunciato. Dovette rinunciare ad ogni certezza,
trasferendosi – smarrita, esausta - alla periferia di Milano. Così “Una notte fu svegliata dal suono melodioso
di un flauto ed un forte profumo di rose empì la stanza […] Le venne data l’opportunità di vivere una nuova
vita, che lei colse al volo.
Il “mistero” guidò la sua scelta. Cambiò il suo destino, proteggendo la sua vita”.
Fu trasportata allora nel 1888, fra i colori del borgo antico di Varles. Il suo nuovo e dolce nome era Mary
Claire. Possedeva una piccola bottega di colori, che clienti come Vincenzo de Guidi – artista d’immenso
fascino e di indole tumultuosa, oramai affermato in tutta la Francia - tenevano vitale. L’intesa ed il legame
ineffabile fra lei e lo stesso Vincenzo, divennero intensi ed inestinguibili; un’alchimia, come il mare: “[…]
L’acqua scintillava. Riflessi d’argento cavalcavano i flutti fra solchi screziati di verde e blu. I colori si
univano, si separavano per poi tornare a fondersi nel movimento incessante dell’acqua. Le onde si
schiantavano sugli scogli e guerreggiavano tra loro: lui le paragonò alle sue pennellate. Si mise seduto con
le gambe ciondolanti ed i piedi che lambivano l’acqua; il suo sguardo volò lontano fino a perdersi
nell’immensità dell’orizzonte”. E rivelazione, come l’Amore: <<Vedete? Quello che abbiamo dentro, nella
nostra anima, è molto più difficile da comprendere di ciò che viviamo esternamente. L’anima ci chiede di
essere ascoltata. Diventa la nostra guida e se riusciamo a seguirla scopriamo cose che la mente rifugge e
non ammette >>. Divenne “Mistero”, condensato in parole: <<Quest’atmosfera che si è creata tra noi rende
tutto impalpabile. La vita è capace di trasformare le cose. Guardate la natura che ci circonda, sembra che
tutto abbia un’anima; le foglie sembrano sospiri e gli uccelli in volo, il battito del cuore. La vita può
metterci davanti a parecchi sentieri, spetta a noi decidere quali percorrere >>. Ma mentre lui, da sempre
spirito selvaggio, lottava nell’intimo con l’idea d’appartenere finalmente ad una sola donna, lei invece
era ormai pronta ad affrontare sé stessa e quel mistero che, fin dalla nascita, custodiva al centro del
petto, nitido prodigio, delineato come fosse dipinto da mani sovrumane: un Volto di donna atavico,
segno indelebile di ciò che lei – inconsapevolmente, sfaccettatura arcana di Teresanda – rappresentava.
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Anche Mary Claire, allora, sognò quel Volto, che misteriosamente le prefigurava un itinerario; anche lei,
come Teresanda, teneva i suoi diari: “quelle pagine candide erano come i ricami a punto croce che sua
nonna le aveva insegnato per adornare indumenti e accessori dei vestiti, impreziosendoli e
personalizzandoli. Aveva riempito la carta anche di disegni, oltre alle parole: in particolare fiori e volti di
donna”. Sulle stesse pagine annotò raggiante la richiesta dell’amato Vincenzo, che intendeva ritrarla sulla
tela che in seguito avrebbe esposto al Salon de Paris.
Lui “Dipingeva in modo violento, alternando tocchi con il pennello a quelli dati con le sole dita. Il quadro,
di un’ immensa bellezza, rappresentava il mare che aveva di fronte. Il vento di scirocco creava scompiglio
sia tra i suoi capelli, che tra le onde; il cielo, come l’animo, nel turbinio incessante di vortici e spirali,
impetuosità e rimbombo, attraversato da gelide folate di tristezza e solitudine, era carico di nuvole nere che
presagivano un gran temporale”; presagio, temporale di passione, sul seno “turgido e candido, percorso
da un filo di luce” di lei, che scopriva la sensualità negli occhi di lui; temporale di rabbia, delusione,
promesse infrante, ma anche di profonda tenerezza, quando lui volle fuggire lontano dal mistero dell’amore,
vedendolo delineato come arcano Volto sul petto di lei. Così, quasi per contrappasso, la figura di lei
scomparve dal quadro di Vincenzo, che non trovando una ragione umanamente comprensibile, rimase
sgomento. A Mary Claire invece comparve allo specchio quella misteriosa signora, che le prefigurò un
destino di successo come pittrice, ed una nuova vita in una grande città. Parigi: quì si trasferì Mary Claire,
lontano dall’amore della sua vita; “Aveva un’idea ben precisa circa ciò che avrebbe dipinto; l’unico
problema era che non sapeva farlo. Poi, magicamente, il suo braccio iniziò a muoversi come il germoglio
del grano che spunta dalla terra per cercare il sole: la tela allora fu violata da colori e oggetti […] Mary
Claire finalmente poteva ammirare la sua prima opera: il profumo dei colori ad olio le entrò nelle narici e
fissando il quadro sentì come d’esserne stata rapita, per le emozioni che provava. In un turbinio incessante,
sensazioni e percezioni dilagarono in lei”. Monsieur Courbet, noto gallerista, volle portarla al Salon,
entusiasta della sua innovativa, intensa maniera di creare; e nel proprio modus d’artista, nell’uliveto dipinto,
lei incontrò la Signora misteriosa, che le volle togliere quel suo Volto dal petto, oramai interiore
consapevolezza. Si rincontrarono, Mary Claire e Vincenzo - entrambi artisti, adesso - alla grande esposizione
del Salon, aperta a tutti gli estimatori d’arte; ma nonostante la forte attrazione, il profondo coinvolgimento
mai sopito, lui seguitò il suo percorso oramai dissoluto e doloroso, fra bordelli, casinò, azzimo e vino,
tenendola lontana dalla sua vita, fino a morirne. Lei, invece, continuò ad investire il suo amore, il dolore
provato, e la propria forza interiore, nel volontariato e nella beneficenza, nell’adottare una bambina – Asia -
creatura di rara bellezza, intelligenza e sensibilità che pareva avere doti superiori; ma il Mistero volle
riportare Mary Claire in Teresanda: per compiersi ancora, dal Bene materno, attraversò il tempo.
Un intenso e benefico profumo di rose pervase Teresanda, così sola ed inerme, schiacciata dai
dispiaceri, lontana dalla propria casa paterna; lei scelse allora di convogliare le energie ricevute,
questa volta nella vendetta, nella superbia, nell’odio, inaridita dalla spietatezza della vita vissuta. Con
l’aiuto di Giorgio, facoltoso uomo d’affari con il quale lei per interesse intrecciò una relazione, venne infine
a conoscenza del reale piano che si celava dietro al fallimento dei suoi negozi, architettato nientedimeno che
da Massimo Gelsi, l’uomo che tanto aveva amato ed a causa del quale s’era gravemente ammalata; la sua
vendetta si concentrò tuttavia in primo luogo su Federica, che vide franare attività e vita sociale. Ardente
d’amore per Teresanda, Giorgio provvide poi a farle riavere la casa paterna, cosicchè lei potesse tornare a
salutare i cari genitori al cimitero, e varcare quindi tale soglia con immensa commozione; “come una foglia
aggrappata in un ramo sferzato dal vento, si mise seduta sul letto della sua vecchia cameretta e si guardò
intorno”. Capì, allora, di volersi fermare nella propria vendetta, e di non voler più fare del male a nessuno;
chiese quindi all’amante, cui oramai voleva davvero bene, di comprenderla e di restarle vicino in qualità
d’amico.
Nel cuore della natura, al casolare sull’Appennino Tosco-Emiliano dove si trasferì, tornò allora il Mistero:
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“Qui, dove tutto è luce e non esiste la notte, il mistero ti accompagnerà. Cambierai ancora la tua vita. La
fiamma della lucerna non ti abbandonerà, ma arriverai dove non dovresti mai andare. Incontrerai chi ti
farà sorridere l’anima e sentirai ancora il profumo delle rose”.
Presa dall’inquietudine, lei guardò il cielo: “L’accolse il chiarore della Luna e il luccichìo di milioni di stelle
che sembravano farle l’occhiolino. Teresanda, affascinata da quella spettacolare volta celeste, s’immerse
totalmente in quello spazio infinito, tanto che le sembrò di camminarci dentro. L’Orsa Maggiore l’invitò a
salire sul carro, mentre Pegaso sbattendo le ali sperò che salisse in seno alla sua groppa. Due stelle cadenti
le passarono accanto, lasciando una scia luminosa come a tracciare una via da percorre. Luce e vita come
delfini giocavano a rincorrersi nel mare illimitato dell’universo, mentre i colori dell’arcobaleno
avvolgevano lo spazio; insondabile, dolce, profondo, sconosciuto. L’intero cosmo vibrava, girava si
rincorreva in perpetuo movimento. Lei divenne oceano in un crescendo impetuoso, senza trovare fine”. La
quiete, la pace, la genuinità, tornarono nella sua vita.
Una sorta di consapevolezza interessò anche Federica, la quale si rese invece conto di quanti compromessi
aveva dovuto accettare, dal giorno del fallimento della propria attività.
Giorgio ebbe un grave incidente, e Teresanda volle assisterlo fino alla fine. Colpita nuovamente al cuore,
terribilmente sola, dovette fare nuovamente fare i conti con il dolore; si ritrovò allora, contro la sua volontà, a
gestire l’enorme somma di denaro che l’uomo le aveva lasciato, amandola profondamente. Divenne
pragmatica ed ambiziosa, catapultata nel mondo del lusso e del potere, e smise di pregare, di sognare,
di scrivere sui suoi diari, perdendosi negli affari, in giro per il mondo.
Il personaggio di Federica, a questo punto, sprofonda nell’abisso, e si spegne con violenza, nel buio della
notte.
A Roma, Teresanda riscoprì la passione per l’arte, colpita dalle antiche opere esposte, appartenenti a
Vincenzo de Guidi ed a Mary Claire; al cospetto di quest’ultima pittrice – ritratta al pianoforte - constatò con
emozione la loro rassomiglianza. Si propose allora d’acquistare le opere stesse, in occasione d’un asta che
presto si sarebbe svolta a Londra; fu là che incontrò con disgusto Massimo Gelsi, anch’esso interessato
all’acquisto di opere d’arte: tale incontro fece riemergere in lei l’odio, la voglia di rivalsa e di vendetta. Agì
allora di conseguenza, cosicchè l’impero economico di lui andò progressivamente in frantumi.
Ritornò quindi il “Mistero” a riportare la luce, per mezzo dei quadri di Vincenzo e Mary Claire che
Teresanda aveva oramai esposti nella sua casa; lo stesso “Mistero” la fece ricongiungere il passato, donando
a lei integrità, suprema felicità e poi serenità profonda. Portò il seme dell’amore.
Partì sola, sorprendendo tutti, per la sua città natale; tornò al cimitero dai cari genitori, con un fascio di rose
rosse. “Si sentì ‘sporca’ nella coscienza e nell’anima. Pensò anche che aveva deluso le loro aspettative,
specialmente quelle della sua mamma”, la quale invece, per la prima volta, le venne in sogno: “Non avere
paura. Non temere. La tua mamma ti è vicina. Affronta la vita per quello che ti è concesso. Non andare dove
tutto è buio. Rimarrai sempre e per sempre quella brava figliola che sei. Dovrai combattere contro le
avversità come sempre hai fatto. Non arrenderti mai. Prega. Prega. Prega. Non sentirti mai sola. Ancora
non è tempo per altre scelte. Appropriati delle cose semplici e dona sempre un sorriso”.
Teresanda donò allora ad associazioni umanitarie tutti i suoi beni, liberò il suo animo dal peso del rimorso e
dell’odio; così sognò Federica in abito candido, il cui dolce sorriso le aprì nuovamente il cuore. Scoprì allora
che l’amica era morta, schiacciata dalla sua vendetta; il profondo senso di colpa la portò fino al mare
(“Mare. Immenso e carico di segreti che abbraccia l’eternità e perdona chi gli uccide i propri figli. Poesia e
avventura. Presenza di vita”), sulla tomba di lei, per chiedere scusa: “Accarezzò con il cuore Federica come
le lucciole sopra i campi di grano”.
Il “Mistero”, allora, non fu più così imperscrutabile: “Appropriati delle cose semplici e dona amore. Non
stare a pensare a cosa accadrà domani, non sei tu che puoi saperlo. Che altro c’è di bello, che poter sentire
e respirare il profumo delle rose?!”. Fu in quel momento che un uomo potè giungere da lei, che
inconsapevolmente già l’aveva amato e perduto: Vincenzo de Guidi; sgomenta, lei dovette perderlo ancora,
perchè lui potesse tornare al suo tempo: questa volta, immenso ed imperscrutabile, era l’Amore:
“Ostinato amore. Provato dal dolore non ti arrendi mai. Non muori mai. Trasformi lacrime e disperazione
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nella gioia di vedere sbocciare una nuova rosa, un fiore. Ti vesti con i colori dell’arcobaleno per donarci
ancora l’ebrezza della tua bellezza. Pigi i tasti di un pianoforte coccolandoci, quando non sappiamo più
sorridere. Dispieghi le tue ali, lì dove tutto è buio e tremare fa, l’assoluto silenzio e tristezza del cuore”.
Sbocciò allora di mille colori, dal profumo, quel Fiore: “Nell’oscurità della notte, lei non riusciva bene a
distinguere il paesaggio intorno. Poi, la sua voglia di andare si fece forte. Fortissima. Violenta. Si cambiò e
uscì dall’albergo.
L’aria fredda della notte la colpì come un’onda del mare che si schianta contro lo scoglio. Non sapeva da
quale parte andare. Seguì l’istinto. Percorse vicoli consumati. Appena ebbe attraversato un ponte, sotto il
quale scorreva un fiume che divideva il paese, i suoi occhi s’illuminarono.
L’enorme cancello delimitava l’entrata. Il suo cuore aumentò i battiti e lo sguardo si posò sulle guglie di
marmo bianco. In fondo, la grande cattedrale le si presentò maestosa e superba nella propria bellezza.
Lourdes l’aspettava da tanto tempo
[…] Uscì da quel luogo che era molto tardi. Era quasi l’alba di un nuovo giorno. Lungo il viale che
accompagnava i suoi passi, sentì ancora un fortissimo profumo di rose che l’avvolse completamente e fu in
quell’istante che comprese il significato del messaggio misterioso che le chiedeva di trovare e ricercare il
“Profumo delle rose”. Profumo di amore, delizia, serenità, pace. Pace sublime e nobile. Umile e grande,
nell’altissima espressione della fede. Si fermò quindi a metà del grande viale. Si voltò. Si chinò in ginocchio.
Pregò ancora. Ancora. Ancora. Ancora”.
La destinazione finale del treno, era Bologna; ma l’ultima tappa del viaggio interiore, era Rosa: Teresanda
conobbe infatti l’anziana madre di Federica, per misteriosa coincidenza. “Lacrime come stelle cadenti
scendevano leggere e calde dal volto di questa madre spenta dal dolore. Donna forte e debole. Aquilone e
formica. Fiore e pioggia. Lampo e fuoco. Vecchia e sola. Disperato il suo grido alla vita. Aggrappata a
ricordi di una figlia che non c’è più. Una figlia che aveva rincontrato dopo anni e anni di lontananza e con
la quale aveva ristabilito un rapporto d’amore, che però il destino le aveva tolto nuovamente, questa volta
per sempre.
Rosa ascoltava Teresanda. Attenta ad ogni sua parola ed immaginando Federica mentre correva,
sorrideva, piangeva. Poi, in un momento di silenzio tra loro, Rosa le parlò della bambina mai nata.
Fiore profumato e non germogliato. Dirompente, lancinante e acuto urlo del mancato vagito. Angelo
dalle ali candide e forti. Pensiero stupendo. Petalo di rosa e giglio oltre le nuvole. Raggio di sole e campo
di grano. Girasole. Profumo di viole. Luna. Carezza che non c’è”. Teresanda scoprì il dolore segreto di
Federica, la propria compassione. Così potè davvero guardare in alto, dove tutto è puro, nell’immensità della
Fede: “Il suo sguardo correva veloce attraverso i filari, per poi oltrepassare la collina e raggiungere
l’orizzonte. Lì, si fermò. Poi, riprendendo fiato, volò in alto come la solitaria aquila, oltrepassando le nuvole
e volando nello spazio infinito”.
Ritornò Asia, con occhi di diamante, e si manifestò come angelo; Teresanda espresse il suo desiderio, e tornò
allora al passato, nel vecchio borgo di Varles, in Mary Claire, dal suo Vincenzo.
Al lettore, spetterà immaginarne il futuro.